Londra, maggio 1844
«Fratello mio,
«Se la mia promessa d’esservi sempre fratello e compagno nella carriera che avete impreso a percorrere può confortarvi nella guerra interna che vi tocca ora a sostenere, abbiatela calda dal cuore. Io v’amo già più che se non ci fossimo conosciuti per anni sopra altra via.
«Parmi che avete ciò che manca ai più, la costanza nel sagrificio; la costanza ch’è il complemento di tutte le umane virtù. Noi dunque soffriremo, e combatteremo uniti, e con noi i pochissimi, che guardano alla nostra causa, non come a sfogo di reazione, ma come a causa di fede e che v’ammirano e v’amano come io v’amo e v’ammiro.
«Siate forte contro il grido dell’affetto materno; un giorno io spero potrete riabbracciarla senza arrossire; ed essa sentirà che avevate ragione nel vostro rifiuto di seguirla. Povere madri illuse! Forse oltre il disonore essa dovrebbe un giorno piangere la vostra perdita in modo ben più doloroso. Oggi, il governo Austriaco vi tiene esuli; ma una volta nelle sue mani, una parola, un cenno imprudente darebbe argomento di processo per colpa anteriore al salvacondotto. Quanto agli altri, non li curate. La nostra causa sta fra Dio e noi. Non abbiamo giudici che la coscienza. Dobbiamo sentirci tanto più alti, quanto l’ideale che noi adoriamo è superiore allo stato attuale della Società e della Patria».
Giuseppe Mazzini – Lettera a Emilio Bandiera – Corfù
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